venerdì 18 novembre 2011

 
1) cos’ è la gascromatografia?

La gascromatografia è una delle tecniche analitiche più potenti nella chimica analitica organica. E’ utilizzabile per l’ analisi qualitativa e quantitativa di miscele anche molto complesse di molecole organiche, di solito, con punti di ebollizione al di sotto del 300°c senza subire decomposizione. Questi composti possono essere sia in soluzione (dissolti in solventi organici leggeri) che in miscele di composti puri.
Il campione viene analizzato in quantità dell’ ordine di pochi microlitri allo stato liquido ed iniettato mediante micro-siringhe graduate in un iniettore riscaldato fino a circa 300-350°c per le sostanze più altobollenti. L’ iniettore vaporizza il campione, lo diluisce in un flusso di gas inerte (elio, azoto, argon, idrogeno), detto “gas di trasporto” alla stessa temperatura. Il gas di trasporto lo introduce all’ inizio di una colonna cromatografica ad alta efficienza molto lunga e sottile e lo trasporta fino all‘ uscita della stessa e nel detector.
Alcuni iniettori “on-column” non riscaldano il campione, se questo è termolabile, ma permettono di iniettarlo direttamente all’ ingresso della colonna e solo qui viene vaporizzato.
Nelle moderne colonne gascromatografiche capillari, anche pochi microlitri di campione puro sarebbero sufficienti a saturarle, impedendo una separazione efficiente; per questi casi, gli iniettori sono dotati di sistemi regolabili di “split” che dividono il campione iniettato ed introducono in colonna solo 1/10 o 1/100, per esempio, dello stesso.
 
2) il cuore del sistema: la colonna gascromatografica

lungo questa colonna, le sostanze della miscela sono separate in base alla temperatura, alla velocità del gas di trasporto, al loro peso molecolare e soprattutto alle loro interazioni specifiche con il rivestimento interno della colonna, chiamato “fase stazionaria“. Tutte questi fattori influenzano l’ efficienza della separazione e vanno definiti e fissati andando per tentativi o seguendo metodi già noti o ufficiali.
La fase stazionaria della colonna oggi è un polimero non volatile nelle condizioni di esercizio massime che bagna le pareti interne alla colonna con uno spessore di pochi micron o è chimicamente legato ad esse. Proprio la fase stazionaria separa i componenti della miscela in base alla sua maggiore o minore affinità chimica per queste sostanze, basata sulla polarità.
La colonna gascromatografica è alloggiata in un forno riscaldabile elettricamente fino alla temperatura desiderata o con un programma di temperatura crescente, a velocità variabile e con vari steps secondo necessità per le separazioni più complesse.
La temperatura del forno, iniziale e finale, viene fissata con quella iniziale vicina a quella di ebollizione dei composti più volatili (i primi ad uscire dalla colonna) e quella filale vicina alla temperatura di ebollizione dei composti più pesanti, se la miscela include composti con volatilità molto differenti (come le benzine, gli oli essenziali, acidi grassi leggeri e pesanti, i pesticidi, i pcb….. ).
Il solvente in cui sono dissolti i composti organici che interessano è di solito ben più volatile ed esce quasi subito, entro pochissimi minuti.
Le colonne erano una volta formate da colonne di vetro o metallo “impaccate”, cioè riempite con un solido inerte in granuli micro-porosi imbevuto della fase stazionaria e si preparavano in laboratorio.
Oggi, si usano colonne capillari prodotte da ditte specializzate, in silice fusa, metallo o teflon, lunghe da 10 a 200 m (per le separazioni più difficili) e con diametro interno (< 0,53 mm) molto minore che nelle impaccate. La loro efficienza è molto maggiore che nelle colonne impaccate, lunghe solo pochi metri e con un diametro interno fino a 0,5 cm.
 
3) i detectors
le sostanze così separate escono dalla colonna per entrare in un detector che le rileva come variazioni del segnale elettrico di background tra due elettrodi, in generale.
I detectors più usati sono:

a) fid (flame ionization detector), di uso universale con sensibilità abbastanza simili a quasi tutti i composti organici anche se non elevate come quelle di altri detectors più specifici.
Il fid brucia il composto organico in una fiamma aria/idrogeno. Si formano così ioni positivi che modificano il segnale elettrico di background del detector (la linea di base del cromatogramma). Questa variazione crea un segnale che viene registrato come picco, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo.
 
b) ecd (electron capture detector). Una sorgente radioattiva emette elettroni che vengono catturati e sottratti al campo elettrico di background dai composti organici a secondo della loro affinità per gli elettroni.
Pertanto, gli idrocarburi alifatici ed aromatici alogenati ed i nitroderivati, per esempio, danno i segnali di gran lunga più intensi, anche a piccole concentrazioni.
L’ ecd è quindi considerato un detector specifico per i composti organici alogenati (pesticidi clorurati, pcb, diossine, solventi alogenati) e per i nitroderivati, ma non è sensibile agli idrocarburi semplici, agli alcoli ed ai composti ossigenati.
 
c) fpd (flame photometric detector). Il campione viene bruciato in aria/idrogeno ed il detector rileva la chemiluminescenza dei composti contenenti zolfo e fosforo.
 
d) tsd (thermionic specific detector). Sempre in un flusso di aria/idrogeno, il campione viene bruciato ed i suoi ioni catturano gli elettroni da un catodo formato da un sale alcalino ad alta temperatura. Se il campione contiene composti azotati e fosforati, si formano così radicali cn e po che vengono rilevati in modo specifico.
 
e) tcd (termo-conductivity detector). A differenza dei precedenti, non distrugge il campione, ma rileva la variazione di conducibilità elettrica del gas di trasporto uscente dalla colonna quando contiene un composto organico. E’ meno sensibile degli altri ed è usato soprattutto per l’ analisi dei gas atmosferici e degli idrocarburi gassosi (co2, co, n2, h2, ar, h2o, ch4, c2h6, nox, h2s,…)
 
f) md (mass detector). In pratica, è uno spettrometro di massa posto all’ uscita della colona. Un flusso di elettroni ad energia prefissata bombarda e frammenta le molecole del campione frammentandole in una miscela di frammenti ionici positivi, caratteristica di ogni sostanza.
Questi frammenti sono diversamente deflessi e separati tra loro in un potente campo elettromagnetico a seconda della loro massa ed identificati in base a questa. Questo detector permette una sicura identificazione di moltissimi composti organici in base al loro “spettro di frammentazione”.
 
4) come sono registrati ed identificati i singoli composti?

Il segnale elettrico di ogni composto viene tradotto in un picco positivo rispetto alla linea di base ed elaborato da un computer come parte di un “cromatogramma” che riporta tutti i picchi della miscela, più o meno separati tra loro. Questo cromatogramma permette la prima importante analisi, quella qualitativa, per identificare i componenti della miscela.

Le caratteristiche chimico-fisiche dei singoli composti (peso molecolare, punto di ebollizione, polarità), la loro affinità per la fase stazionaria che tende più o meno a trattenerli lungo la colonna, determinano il tempo di uscita del picco, a parità di temperatura e di velocità di flusso del gas di trasporto.
Così, per fare uscire o “eluire” prima un composto dalla colonna, si può aumentare la temperatura della colonna nel forno oppure la velocità del flusso (entro certi limiti), ma si tende a perdere efficienza nel separare i composti ed i loro picchi.
Se invece si abbassano troppo questi valori, i composti escono molto più tardi ed i picchi sono sempre più slargati. Occorre quindi trovare un compromesso di temperatura (costante o programmata) e flusso per avere dei buoni cromatogrammi, con picchi stretti e ben risolti tra loro.
A parità di condizioni d’ analisi, ogni composto di una miscela esce ad un tempo d’ eluizione specifico che permette la sua identificazione (analisi qualitativa), magari confermando questa posizione con un’ iniezione del possibile composto puro nelle stesse condizioni analitiche.
 
5) analisi quantitativa

si può facilmente determinare la concentrazione di ogni composto di una miscela sapendo che l’ intensità del segnale e quindi l’ area del picco è direttamente proporzionale alla sua concentrazione.
Occorre però conoscere il fattore di risposta “k” di ogni singolo composto al detector, riferito a quello di un composto di riferimento che si pone = 1. Questo fattore è molto importante e variabile per l’ ecd, il tsd e l’ fpd, molto meno per il fid.
L’ area dei picchi viene confrontata, in molti casi, con quella di uno “standard interno” aggiunto alla soluzione in concentrazione ben nota. Questo permette di trovare, in proporzione, le singole concentrazioni, sempre conoscendo i rispettivi fattori di risposta al detector.
In caso di miscele di composti puri come le benzine (analizzati tal quali), il detector usato è chiaramente il fid, per il quale gli idrocarburi alifatici ed aromatici hanno lo stesso fattore di risposta. Questo ci permette di determinare direttamente la concentrazione percentuale in massa di ogni composto sull’ area totale dei picchi, posta = 100, senza usare standards.
 
6) la gestione del computer

i gascromatografi moderni sono tutti assistiti e gestiti da computers con programmi dedicati che gestiscono e permettono di seguire tutta l’ analisi, di regolare e controllare tutti i loro parametri, di effettuare le analisi mediante auto-campionatori che iniettano i campioni in assenza dell’ analista, di analizzare e stampare i cromatogrammi calcolando automaticamente le concentrazioni in base ai dati inseriti e di archiviare un gran numero di cromatogrammi.
 
7) per cosa si usa la gascromatografia?

Questa metodologia di analisi si può applicare per composti volatili o alto-bollenti che sono stabili al di sotto delle temperature massime di utilizzo delle colonne, degli iniettori e dei detectors.
Quindi, non per gli zuccheri ed i loro derivati, le proteine, molte vitamine, i sali inorganici ed organici ed i polimeri naturali e sintetici che non sono volatilizzabili prima della loro decomposizione.
Inoltre, i composti acidi devono essere esterificati per renderli più stabili e più volatili, come accade con la metilazione degli acidi grassi che vengono regolarmente analizzati come esteri metilici.
La gascomatografia è molto usata per i prodotti petroliferi, i solventi di uso industriale, gli acidi grassi e gli steroli degli oli di oliva e di semi, gli oli essenziali, gli ormoni, molti farmaci, le droghe, i pesticidi (tranne i carbammati), i pcb, le diossine, miscele di enantiomeri (mediante colonne con fasi stazionarie chirali).
Si può anche usare a temperature al di sotto dello zero per composti molto volatili, instabili o impossibili da separare a temperatura ambiente, con sistemi di raffreddamento criogenico del forno e della colonna, facendo circolare azoto liquido o liquido antigelo.

Riferimenti:

http://it.wikipedia.org/wiki/gascromatografia#colonne

SPECIFICHE RIVELATORI
TIPO DI DETECTOR
FID
TSD
ECD
FPD
TCD
Hall (HECD)
PID
INTERVALLO DINAMICO LINEARE
107
105 (N)
104 (P)
104 (N2 Come Gas carrier)
105 (P)
103  (S)
105 (He)
104 (N2)
105 (Cl)
104 (N o S)
104
RIVELABILITÀ
< 2pg C/sec
< 0.1 pg N/sec
> 0.05 pg P/sec
< 0.1 pg (Lindano)
1 pg P/sec (Tributilfosfato)
0.1 ng S/sec  (n – esan – tiolo)
0.2 ppm (butano)
0.5 pg Cl/sec
 2 pg N/sec
2 pg S/sec

NOISE (RUMORE)
A 50 msec:
<4 x10-14 A
A 270 msec:
<2 x 10-14 A
A 50 msec:
<2 x 10-14 A
A 270 msec:
< 1 x 10-14 A


<1.0 µV
< 2 x 10-13 A

SENSIBILITÀ
> 15 mCoul/ g  carbone (N2 come gas carrier)







SPECIFICITÀ

P/N   2:1
N/C  5 x 104:1
P/C  1 x 105:1
Composti ad affinità elettronica
P/C 105 · 1
S/C > 103

Cl/HC >106
N/HC >106
S/HC >105
NO/N >102

INTERVALLO DI TEMPERATURA
120 °C ÷  420 °C
120 °C ÷  420 °C
120 °C ÷  420 °C
120 °C ÷  400 °C

120 °C ÷  350 °C
120 °C ÷  350 °C

SPECIFICHE INIETTORE CAPILLARE
TIPO DI INIETTORE
1097/98
1090
1077
1045
In colonna
Massa compatta a bassa termicità
Split/Splitless
MegaboreR
MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO
Temperatura programmabile in colonna
A freddo in colonna
Split/Splitless (vaporizzazione)
Diretta (Vaporizzazione)
ID COLONNA
≥ 220 µm
≥ 220 µm
≥ 100 µm
≥ 530 µm
SIRINGA
Iniezione diretta in colonna
Iniezione diretta in colonna
Convenzionale
Convenzionale
QUANTITÀ DI CAMPIONE
Da 0.2 a 10 µL
Da 0.2 a 10 µL
≤ 2 µL
   10 µL
INTERVALLO DI TEMPERATURA
Da - 99 (LN2 come refrigerante) a 350°C
Temperatura Ambiente
Da  temperatura ambiente a 420 °C
Da  temperatura ambiente a 420 °C
VELOCITÀ DI INCREMENTO IN PROGRAMMAZIONE DI  TEMPERATURA
Da 0.3 a 180°C /min
- - - - 
- - - -
- - - -
AUTOMAZIONE
Si: 8035 A/S
No
Si: 8035 o 8034 A/S
Si: 8035 o 8034 A/S
SISTEMA PNEUMATICO
Controllo di flusso
Controllo di flusso
Controllo di flusso più regolazione della contropressione
Controllo di flusso